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Il grande mutamento

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Antropologicamente è provato che l’uomo si è sempre fatto cogliere impreparato in ogni luogo e circostanza. Salvo poi correre ai ripari.

Evoluzione o involuzione?

Questa opzione naturalmente era possibile solo in caso di sopravvivenza. Ecco, il punto è proprio questo. Quando l’Homo Sapiens, capace di fabbricare armi rudimentali, si avventurava in caccia di prede commestibili, soccombeva spesso in lotte impari con animali feroci. L’istinto di sopravvivenza lo fece correre ai ripari. Iniziò a costruire trappole, cacciare in gruppi costituiti da diversi uomini, imparò a riconoscere i segnali che rivelavano la presenza di animali pericolosi, arrivò a costruire allarmi rudimentali per mettersi in salvo prima di essere sorpreso da visite inaspettate, non cacciava se non in compagnia di lupi addomesticati per evitare di farsi ancora sorprendere solo e perduto.

Guerre ed epidemie, colsero impreparati per secoli interi popoli. Lo scoppio della bolla azionaria o immobiliare ha colto il mercato totalmente impreparato a fronteggiarne le conseguenze. La storia è zeppa di esempi che testimoniano come l’uomo sottovaluti i mutamenti.

Nel commercio, con l’arrivo delle connessioni ultra veloci, stiamo assistendo ad un profondo mutamento delle abitudini e dei comportamenti dei consumatori. Secondo una ricerca condotta da Deloitte – la Global Mobile Consumer Survey 2015 – che ha coinvolto 31 Paesi e che delinea i trend e le tendenze relative alle abitudini e ai comportamenti degli utenti connessi tramite Smartphone e Tablet, emerge che:

  • gli italiani sono il popolo europeo più attaccato al cellulare: il 63% lo controlla 30 minuti prima di addormentarsi; il 68% controlla il cellulare pur non avendo ricevuto notifiche.
  • Over 65 tecnologici: la loro propensione all’utilizzo dello smartphone influenza gli operatori Telco. Oltre il 58% degli italiani possiede già uno smartphone e non lo utilizza solo per chiamare
  • Il predatore digitale: lo smartphone sostituisce le macchine fotografiche, PC e tablet
  • Il 2016 è stato l’anno boom “dell’Internet delle cose”
  • Gli italiani sono i primi in Europa per propensione all’acquisto della “Super car”
  • Gli italiani sono i primi in Europa ad acquistare cellulari per il gusto di esibire sempre l’ultimo modello (44%)
  • Samsung è la marca di cellulare più acquistata nel nostro Paese (42%), mentre gli iPhone detengono il primato per fidelizzazione della clientela (70%)
  • Gli italiani sono i clienti più infedeli d’Europa per le compagnie telefoniche: il 40% ha cambiato operatore negli ultimi 3 anni

La Survey Deloitte 2015 non solo conferma che gli italiani sono i primi d’Europa a controllare il cellulare appena svegli (con il 70% delle preferenze) ma evidenzia un nuovo primato: siamo in vetta alla classifica europea per numero di intervistati che controlla il cellulare nei 30 minuti che precedono il momento di addormentarsi, con il 63% delle preferenze.

I dati evidenziano, infatti, che gli italiani, seguiti dai polacchi, sono i primi in Europa per un uso estensivo e a volte improprio del cellulare trasgredendo ad esempio alle norme del Codice della Strada o alle norme non scritte della buona educazione: usano il cellulare quando sono in compagnia degli amici (74%), in riunione (42%) o mentre sono alla guida (20%), senza valutare gli impatti che questo ha su educazione, produttività e sicurezza.

La stragrande maggioranza degli italiani (il 68%) dichiara infatti di controllare il cellulare pur non avendo ricevuto alcun avviso di notifica in arrivo. Nella classifica europea, precediamo la Spagna con il 63%, la Francia (62%), l’Inghilterra (61%) e la Germania con il 48%. (fonte: Deloitte GMC Survey 2015)

Questi dati bastano da soli ad accendere più di una domanda nella testa dei decision-maker che hanno la responsabilità di far prosperare la loro azienda, o quella in cui lavorano. Eppure questi scenari erano stati ampiamente annunciati. Così come si ripetono annualmente indagini e ricerche volte a capire i trend e gli scenari prossimi futuri.

L’Osservatorio Auto Findomestic 2017 ha condotto una ricerca su un campione di 8.500 intervistati in 15 Paesi, provato a stimare quante auto nuove verranno vendute nel 2020 e pare che la soglia dei 100 milioni sarà raggiunta. In Italia, sempre secondo la ricerca, in particolare, l’auto è seconda solo alla casa come valore per oltre un automobilista su tre, mentre il 18% la ritiene un simbolo di affermazione sociale. Ecco perché il 38% degli intervistati nel nostro Paese è pronto a spendere di più per comprare una bella auto e la preferisce ad una “km zero”.

Temi che, contrariamente a quanto si possa pensare, sono tutt’altro che superati, nonostante crescano forme di utilizzo alternative alla proprietà, come car sharing e noleggio a lungo termine. La tradizione, molto italiana, di “possesso”, pare ancora resistere. Per il  2030, il 39% degli intervistati ritiene che la tecnologia più diffusa sarà quella ibrida seguita dall’elettrico puro (17%), mentre la cara vecchia benzina e soprattutto il gasolio soffriranno parecchio (11% e 10%). Ma i consumatori del futuro, come la vorrebbero la propria auto? Quasi due intervistati su tre non hanno dubbi: sicura, innanzitutto. Poi capace di interagire e aiutare chi è alla guida (44%) e dotata di connettività (24%). Le prestazioni particolarmente performanti sembrano interessare solo più uno su cinque nell’età compresa tra 18 e 34 anni.

Altre ricerche evidenziamo un vero e proprio boom di vendite online nel settore auto, altre ancora indicano un futuro roseo per la vendita di auto usate che però vedrà una lotta senza esclusioni di colpi tra i rivenditori. Al Nord il mercato sarà trainato ancora dalle auto nuove, al Sud già oggi è l’usato a farla da protagonista.

Il mutamento in corso ha indubbiamente colto ancora una volta impreparati molti artefici dell’economia del settore auto che negli ultimi vent’anni hanno affermato la loro supremazia nelle loro aree di appartenenza. Questo perché oggi, non esiste più il concetto di “perimetro d’interesse”.

Con il web si superano i confini del territorio limitrofo, provinciale e regionale. In alcuni casi anche nazionale. Mai come ora si sta assistendo ad una rivoluzione organizzativa e ad uno sforzo, economico e di risorse da parte dei Dealer Auto, per mantenere le proprie posizioni. Io personalmente rilevo che non sia più questione di mantenere ma di determinarsi. O si è in grado di adattare la struttura al cambiamento del mercato, o si sarà destinati ad abbandonare il campo.

Come la ricchezza procapite sta determinando la separazione netta tra ricchi e poveri, così nel commercio avremo il grandissimo o lo specializzato. Le vie di mezzo faranno una fatica tremenda a resistere al mutamento in corso. Ricordo le parole di un mio cliente, decisamente piccolo in confronto a tanti altri clienti che ho il piacere di aver conosciuto e servito, che in sintesi dicevano quanto segue: Io sono consapevole di non poter competere con strutture che dispongono di risorse umane ed economiche ben al di sopra delle mie possibilità, ma ho con me un piccolo di team di persone motivate e preparate. insieme a loro abbiamo creato un progetto e una modalità di offerta ben definita, chiara e lineare. Grazie all’online e alla cura di ogni fase dell’offerta punteremo a crescere in qualità e fatturato”. Bene, a distanza di un anno, da quando ho iniziato a seguire l’evoluzione del suo progetto, il numero di auto usate vendute da quest’azienda è raddoppiato e continua a crescere. E il merito è sicuramente addebitabile alla loro passione, coerenza e determinazione, ma credo anche che aver compreso in tempo come adattarsi al nuovo scenario e al suo mutamento, sia la chiave che garantirà loro ulteriori margini di crescita.

Al contrario, resto basito a volte, nel recarmi presso grandi gruppi che rappresentano ufficialmente la bandiera di un costruttore, nel constatare l’assenza di un Wi-Fi con una minima qualità di segnale. In Francia, presso uno di questi dealer, mi è capitato di camminare da un capo all’altro della strada, di recarmi in tre edifici diversi ma sempre della stessa Concessionaria senza trovare una connessione Wi-Fi. Per non parlare di quella interna di cui nessuno sapeva la password, manco fosse un segreto di Stato. E quindi a dovermi gestire con il mio smartphone e la mia linea dati la connessione web per mostrare loro delle demo. Pazzesco!

E non si salva quasi nessuno delle grandi Flagship dei costruttori. Così chiusi e timorati dai virus. Così condizionati dalla parola “SICUREZZA” che ogni loro passo lungo la via cablata sembra più pericolosa che di una passeggiata in un campo minato. Solo che l’unica esplosione che rischiano di sentire è quella che si trova alla voce perdite del proprio bilancio. Se poi si tratta di integrare dei software, apriti cielo, qui gli esperti si sprecano e i tempi diventano biblici. Con buona pace di quei manager che amano vantarsi del loro sistema informatico che integra tutto e tutti. Peccato che poi dall’esterno sia (solo teoricamente) impossibile fornire la minima integrazione. Risultato, magari quando l’azienda rivedrà tutto il sistema e le procedure informatiche si terrà conto dell’eventualità d’integrare anche bla bla bla bla…intanto il mercato cambia e le rigidità dei sistemi che sono stati creati senza un minimo di flessibilità toglieranno competitività all’azienda.

Senza mutare il modo di pensare e di vedere l’altro come un’opportunità, si persevererà nei soliti errori e con la consueta diffidenza ed arroganza. Crescita dei mercati e mutamento possono dare l’impressione di andare entrambi nella giusta direzione, prima o poi le due strade si divideranno. A quel punto le aziende con maggiore flessibilità e capaci di cogliere il cambiamento, sapranno cavalcare l’onda, mentre  le più rigide e chiuse, andranno dritte verso l’ignoto, un muro, un baratro, una lenta discesa. Sono pronto a scommettere che si vedranno soffiare le vendite sotto i loro occhi. Basterà loro leggere sugli schermi dei loro computer, la parola “venduta”, sotto gli annunci online pubblicati dalla concorrenza.